Summary: | Il contributo intende valorizzare il ruolo di De Roberto nello slittamento da una narrazione oggettiva a una soggettiva nella fine Ottocento. Evidenzia come egli non rappresenti una soggettività di tipo romantico, o estetizzante, ma risenta di un clima di riflessione scientifico-letteraria, maturato da un approfondimento dello stesso scientismo positivista.
Partendo dai documenti di poetica dello scrittore, in cui si evidenzia una disposizione all’eclettismo, si rileva come egli faccia riferimento a un concetto problematico di realismo, sulla scia delle considerazioni di Maupassant sulla relatività dei concetti stessi di vero e di verità.
Lo studio verifica poi come le riflessioni teoriche svolte nella “Prefazione” a Documenti umani, vengano trasferite nella scrittura creativa in Donato del Piano, che rivela uno spessore metanarrativo. Il protagonista appare tormentato dall’impossibilità di trovare una piena corrispondenza tra il sentimento e la parola, tra la parola e l’idea, dalla problematicità del linguaggio, anticipando alcuni punti della riflessione pirandelliana.
Un ulteriore elemento di modernità risiede nella percezione dell’insondabilità e dell’inconoscibilità dell’Io che De Roberto ricava dalla lettura del volume La parole intérieure di Egger, che recenti studi considerano come il primo teorico del monologo interiore, importante fonte per le intuizioni di Bergson.
Attraverso una serie di riscontri intertestuali e interdisciplinari con le punte più avanzate della riflessione ‘lato sensu’ positivista (Maupassant, Taine, Egger) si evidenzia come De Roberto vada al di là del semplice eclettismo metodologico, e meditando sulle recenti acquisizioni della psicologia, finisca per anticipare uno dei punti nodali della riflessione novecentesca sulla crisi degli statuti della soggettività.
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